‘’Vi presentiamo Ombre Rosse’’

Dopo Casa Marcella, Pokeah* continua il suo impegno politico con un’altra associazione cercando di costruire reti e alleanze, così da poter contribuire al cambiamento di cui abbiamo bisogno.

Oggi vi presentiamo il nostro nuovo partner, Ombre Rosse, un collettivo che si occupa di sex workers (tradotto in italiano: lavoratrici sessuali). Le abbiamo intervistate e con nostro grande piacere ve le presentiamo. Le incontrerete nel nostro menù -oltre che dal vivo attraverso alcuni eventi che organizzeremo- attraverso cui, scegliendo il loro prodotto, potrete contribuire a sovvenzionarle poiché il ricavato andrà al loro operato.

Buona Lettura.

“Chi sono ombre rosse?”

“Siamo un collettivo politico transfemminista di sex worker, ex-sexworkers e alleat3.  Il nome Ombre Rosse nasce dall’invisibilità che viviamo e dalla doppia vita a cui, chi più chi meno, siamo costrettə a fare per evitare stigma, discriminazioni e violenze. Riconosciamo la violenza contro di noi come parte integrante della violenza patriarcale, infatti spesso quando lavoriamo come sex workers viviamo forme di sfruttamento, discriminazione e violenza– che sono senza dubbio patriarcali, sessiste, transfobiche e razziste.

Lottiamo quindi contro la violenza che tocca tutte le donne, cis e trans, abili e disabili, di ogni nazionalità, classe sociale, età, religione e razza, buone e cattive! Siamo contro la violenza, la stigmatizzazione e la criminalizzazione di chiunque si ritrovi a vendere prestazioni sessuali – che lo faccia per scelta, per costrizione o per circostanze di vita. Sosteniamo i diritti al lavoro sessuale e alla migrazione affinché le-i sexworker siano liber3 da abusi, sfruttamento e lavoro forzato.

Contrastiamo qualunque legge, ordinanza o pratica che criminalizzi il lavoro sessuale. Anche quando si vorrebbero punire i clienti: sono tutte politiche dannose che pretendono di ”salvarci” e decidere per noi infantilizzandoci e prevaricando la nostra volontà violentemente. Queste politiche non ci sostengono in nessun modo contro chi abusa, sfrutta e ricatta, anzi ci lasciano particolarmente esposte a minacce, vendette, deportazioni e discriminazioni. Di fatto queste politiche ci rendono più precarie, povere e sfruttabili, soffocando la nostra soggettività e ignorando i nostri vissuti.”

“Cosa fate nello specifico?”


“Per quanto riguarda la dimensione pubblica come collettivo abbiamo deciso di uscire e identificarci come soggettività politica durante la manifestazione contro la violenza maschile sulle donne di Roma del 2016 sfilando con lo striscione «Lo stigma è violenza. Sex workers rights». Da allora abbiamo organizzato e co-organizzato diverse iniziative e eventi per far conoscere il nostro punto di vista, le nostre esperienze reali, evidenziando quanto sia dannosa la criminalizzazione. Partecipiamo come possibile anche a iniziative altrui quando condividiamo contenuti e pratiche. Siamo in rete con diverse realtà che si occupano di lavoro sessuale nei diversi aspetti. Ad esempio nel 2020 durante la pandemia Covid-19, la mancanza di riconoscimento e di tutela del nostro lavoro è diventata ancora più evidente, creando delle situazioni ancora più drammatiche per coloro che non hanno documenti. Consapevoli del nostro privilegio e insieme al Comitato dei diritti delle prostitute e altre associazioni, abbiamo attivato una rete di solidarietà e mutuo aiuto con la campagna di crowdfunding «nessuna da sola» attraverso la quale si è cercato di dar sostegno soprattutto alle persone sex worker in maggiore difficoltà tra quelle che siamo riuscite a raggiungere.”


“Quali sono gli obiettivi del vostro operato e come vi immaginate il futuro per le sex workers?”


“La nostra analisi parte da una prospettiva radicale trans-lesbo-femminista e individuiamo come punti cardine l’opposizione alle politiche securitarie dei confini e alle logiche del capitalismo, di conseguenza riteniamo nodi centrali la decriminalizzazione del sex work e la decriminalizzazione della migrazione. La questione dei diritti del lavoro sessuale ha bisogno di una visione trasversale che attraversa i generi, le sessualità, i corpi, la politica dei confini e le classi sociali: nessuno di questi aspetti può essere ignorato.

Il cuore del nostro lavoro come soggettività collettiva è l’autodeterminazione: i nostri vissuti sono alla base dei discorsi e delle rivendicazioni che portiamo avanti mentre l’analisi collettiva è lo strumento che ci orienta.  Siamo profondamente convinte che se un cambiamento è possibile è solo quello collettivo.”

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