‘’Sex work is work’’ è uno slogan femminsta e transfemminista e significa ‘’Il lavoro sessuale è lavoro’’.
Partiamo da questo concetto per cercare di capire insieme, in primis cos’è il lavoro sessuale e, in secondo luogo perché dovremmo smettere di criminalizzarlo.
Il lavoro sessuale è banalmente la prostituzione autodeterminata cioè quando un corpo sceglie liberamente di prostituirsi.
Il lavoro sessuale è molto comune in Italia come in tanti altri paesi del mondo ma purtroppo non è ancora legale.
Sin dall’antichità la prostituzione è sempre stata presente all’interno delle nostre società con alti e bassi rispetto alla tolleranza o meno della sua esistenza.
Nonostante la Francia e i Paesi Bassi abbiano riconosciuto questo lavoro come appunto un lavoro come altri, i vuoti legislativi e le problematiche che ruotano intorno al problema sono ancora tante e per la maggior parte irrisolte.
Il fatto che questo lavoro non sia legale nella maggior parte dei paesi implica che le donne che scelgono di prostituirsi non sono tutelate da alcuna legge, non possono pagare le tasse, non possono sporgere denuncia in caso di problemi sul lavoro (abusi, minacce) insomma, queste persone non esistono.
Innanzitutto, noi di Pokeah ci schieriamo con chi ritiene che il lavoro sessuale sia un lavoro e non un piacere legato al sesso e basta o un ripiego per ‘’non lavorare come gli altri’’.
Non tutti i femminismi, infatti, ritengono che il lavoro sessuale sia un lavoro anzi molti di essi pensano che questo debba essere abolito perché denigra il corpo delle donne.
Ma il punto di non riconoscere il lavoro sessuale come un lavoro provoca infinite problematica tra cui non esistere da un punto di vista legale, ovvero invisibilizzare queste persone e, inoltre, non permettere loro di organizzare il proprio lavoro in maniera salutare e tutelata.
Uno dei problemi legati al sex work è che spesso le prostitute autodeterminate vengono confuse con le vittime di tratta. Cosa vuol dire?
Le prime, sono appunto persone che SCELGONO di prostituirsi e di costruire la propria carriera lavorativa in questo ambito. Le vittime di tratta, invece, sono letteralmente ‘’schiave del sesso’’, straniere per lo più, che vengono invece COSTRETTE a prostituirsi. Le ultime sono legate a figure come ‘’Papponi’’ e ‘’Madame’’ che attraverso riti religiosi e credenze culturali varie fanno credere loro di poter avere una vita migliore in altri paesi per poi costringerle a prostituirsi lontano dalle loro famiglie.
Questa fondamentale differenza che molto spesso non si conosce a causa di ignoranza rispetto al tema viene ritenuta una delle principali cause dell’abolizionismo rispetto alla prostituzione.
Dobbiamo sempre tenere a mente che l’abolizionismo, così come la censura, sono armi pericolose che incitano per lo più a trovare modi alternativi di portare avanti la propria scelta ma spesso in maniera pericolosa e dannosa per la propria salute.
La prostituzione infatti continua ad esistere ma le donne che scelgono di prostituirsi continuano ad incorrere in numerosi problemi tra cui stigma, attacchi e a volte anche la morte.
Perché quindi dovremmo ritenere che la prostituzione sia un lavoro e perché dovremmo legalizzarlo?
Perché chiunque di noi si prostituisce. Se pensiamo al capitalismo e a come questo è costruito veniamo a conoscenza del fatto che ognuno di noi vende il proprio corpo, il proprio tempo, la propria proprietà intellettuale a qualcun altro che sia un’azienda, una compagnia, una ditta, un capo di un ufficio.
Ognuno di noi vende qualcosa per poter sopravvivere in una società che chiede più di quanto dà e per questo ritenere il lavoro sessuale non un lavoro significa non riconoscere nemmeno il nostro lavoro quotidiano, qualsiasi esso sia.
Legalizzarlo, infine, significherebbe riconoscere queste soggettività, dare loro la possibilità di esistere e di essere ritenute parte della comunità lavoratrice. Permettere loro quindi di essere tutelate mentre svolgono la loro attività lavorativa come tutt* noi e non di rischiare la vita ogni volta che si sta sul posto di lavoro.